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10 giugno 2012

Una notte da leoni - recensione banale di un film geniale



Come molti di voi sapranno, Una notte da leoni non è un film appena uscito nelle sale cinematografiche, non è per niente fresco di botteghino, anzi, per gli standard contemporanei può già considerarsi datato; ed è anche già uscito il seguito, Una notte da leoni 2. 
The Hangover - titolo originale della pellicola - è un film del 2009,  considerato da molti, sottoscritta compresa, un vero cult a tutti gli effetti.
  
Non so proprio spiegarmi come io abbia potuto mancarlo per tutto questo tempo. Sta di fatto che la settimana scorsa sono riuscita finalmente a vederlo, certo, l'ho visto, altrimenti non sarei qui a scriverne. Ma perché poi ne sto parlando sul mio blog? Per una fissazione. E sì, proprio così, dopo averlo visto tutto d'un fiato, non ho fatto che pensarci e ripensarci arrivando addirittura a procurarmi la versione in lingua originale per meglio apprezzare le voci dei personaggi. Mi si è infilato a tal punto tra i neuroni del cervello -  pochi per altro - che non voleva più mollarmi, lui a me. E allora, solo allora, ho capito che l'unica possibilità che avevo, di rigettarlo e liberarmene completamente, era quello di scriverne la recensione, o comunque, di esternarlo in qualche modo. 

Non sono un'esperta di critica cinematografica. Non so neppure come si scriva una critica. Mi aspetto, da parte vostra, una critica alla mia critica e possibimente le vostre impressioni sul film in questione. 



Partiamo - utilizzo il noi per sentirmi più coinvolta - dicendo che il regista, Todd Phillips, è decisamente fissato con i viaggi in auto, le avventure on the road, la polvere, il deserto, i casini e i casinò, l'alcool, la birra, la goliardia giovanile e anche senile. 
Dopo un ancora immaturo Road Trip e un frizzante Starsky e Hutch, arriva il suo grande successo con The Hangover, tradotto in “Una notte da leoni” per la versione italiana. Certo, non sarebbe stato il massimo tradurlo alla lettera con “il dopo sbornia” o, peggio ancora, “i postumi", perchè, se è vero che in America il termine hangover, può indicare soltanto una cosa, qui da noi in Italy, dire "i postumi" non da quell'idea immediata di un risveglio comatoso avvolto dai fumi dell'alcool. Perciò, a mio parere, il titolo italiano è più che passabile. 

Ma veniamo al film. 
La storia è qualcosa che abbiamo già sentito, tutto sommato neppure troppo originale. Ne avevamo visti di film dove un manipolo di uomini “seri” si ritrova a Las Vegas in situazioni strane e compromettenti. Bisogna però ammettere che il regista ha avuto coraggio nell'utilizzare il cliché americano del “quello che succede a Las Vegas resta a Las Vegas”. 
Phillips a mio avviso è stato bravo a sfruttare l'idea del dopo sbornia e a rigirare il film a suo piacere, e qualcosa mi dice che questa sua abilità nel dirigere storie così folli gli derivi dalla sua stessa esperienza personale.

Il sipario si apre ed è già un'attesa carica di promesse, fin dalle prime note si percepisce un'energia inquieta; sullo sfondo di un assolato deserto, risuona
 la canzone dark di Danzig, Thirteen, potente, vagamente barcollante, e perfettamente intonata alle scene. 



Fin dalle prime battute capisci che sarà un film diverso,  non la solita storiaccia un po' volgare e trash di bravate e siparietti alcolici. 
Questo è un lavoro maturo, dove il regista gioca con lo spettatore e con i  personaggi stessi, si diverte a tenerci all'oscuro fino all'ultimo, confondendoci e gettandoci in situazioni di spassosa comicità e di violenza mai troppo cattiva. D'altra parte, bisogna anche ammettere che ci viene dato più di un indizio per risolvere il "mistero" intorno al quale ruota tutta la vicenda ma noi siamo talmente sorpresi e invischiati nella faccenda che non ce ne rendiamo conto.
Tra amnesie, amici perduti da ritrovare, galline, tigri, bebè e un pugile piuttosto famoso, ci perdiamo anche noi, dentro una storia sensata e diretta con abile maestria, dove i testi, essenziali e incisivi, lasciano il segno e si prestano alle citazioni future.

Mentre le musiche  -  sempre azzeccatissime - mantengono il ritmo dell'azione, si ha come l'impressione che ogni pezzo nasca spontaneamente dalle scene sulle quali si appoggia, scene nitide, potenti. 
C'è come un'aura di forza intorno ai luoghi e ai personaggi stessi, questi quattro amici, Phil (Bradley Cooper), Doug (Justin Bartha), Stu (Ed Helms) e un Alan (Zach Galifianakis) decisamente fuori da ogni schema, così matto e geniale da rischiare di diventare alla fine, il più normale del gruppo.

Ci sarebbe tanto da dire, ogni scena è un piccolo capolavoro, ma io non vorrei, raccontando troppo della storia, togliere il piacere della scoperta a chi ancora non ha visto Una notte da leoni. 

Dirò allora, che nel complesso ci si diverte molto e ci si lascia piacevolmente trasportare fino in fondo, dove, ad attenderci insieme ai titoli di coda, c'è una spassosissima quanto azzeccata sorpresa, condita ovviamente con l'ennesima canzone che rischia di trasformarsi in un tormentone.



L'unica nota negativa di questa pellicola è fuori dalla pellicola stessa e la troviamo, a mio parere, nel sequel Una notte da leoni 2.

Regista, la domanda è puramente retorica, ma te lo chiedo: perché hai preso la decisione di ricominciare con un secondo film che non apporta nulla se non un sapore amarognolo e il desiderio di rivedere la prima pellicola per rifarsi la bocca? 
Ma il nostro Phillips è giovane e probabilmente il grandissimo successo di Hangover gli ha fatto girare la testa e ancora deve smaltirne gli effetti, i postumi, oserei dire. 

Noi eravamo già felici così, gli spettatori, quelli che il film se lo sono gustato come una bibita ghiacciata a bordo piscina in un rovente pomeriggio di luglio. O, forse lo sappiamo, certo che lo sappiamo, ma vorremmo per una volta scoprire che l'arte, il buon gusto, e le emozioni hanno prevalso sulle mere scelte di mercato. Invece no, dobbiamo sopportare lo smacco di Una notte da leoni 2, e augurarci che il terzo, in arrivo intorno a maggio del 2013, non faccia affossare ulteriormente il capolavoro primo.

Un film geniale questo, che resterà per sempre nell'immaginario collettivo, un vero gioiellino da riporre nella scatola dei buoni ricordi filmici. Assolutamente da non perdere!

Una citazione dal film per chiudere in bellezza: 
Alan: “Io mi ritengo un tipo un po' solitario… diciamo che tendo a definirmi un branco con un lupo solo!” 

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2 commenti:

  1. Il cervello mio sta pieno di cose andate a male e in più fanno contatto. Se uno tiene un cervello come a quello mio ci riesce assai più facile di dire che 'sto film è nu capolavoro. Solo "quasi amici" (che peraltro è pure francese, figuriamoci un po') se la batte co' questo. Potrei aprire un blog solo per commentarlo, ma sono ospite e nutro un certo rispetto per il prossimo. Ancora adesso, comunque, se penso che uno si voleva ingroppare 'na tigre, n'altro ci piglia a calci uno scassaserbatoiriproduttivi di ragazzino sfasciandogli il telefonino, uno ancora insegna a un bimbo di un mese come ci si procura il piacere...rido rido e rido ancora, meglio che mi fermo, poteri continuare. Brava Silvia che ci hai fatto la recensione! ;D

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  2. Ahah... grande Luca! Mi sa che hai fatto tu in poche righe, una recensione trecento volte migliore della mia, che poi, più che una recensione questa, mi pare di aver scritto un elogio al film, un'istigazione alla visione.
    Grazie per il tuo commento, per il rispetto non preoccuparti, qui sei libero di scrivere tutto quello che vuoi... tanto poi ti posso censurareee eheh!!! :D Scherzo!
    Un salutoe al prossimo film! (non conosco "quasi amici" ...vado subito a fare ricerche)

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